Partenze e Approdi

ultima modifica 15/07/2025 12:50
Giovedì sera alle 21.15, presso il cortile esterno del Centro Teatro Universitario, l'esito congiunto del laboratorio annuale del CTU insieme al laboratorio del progetto "Il teatro e il benessere"

Partenze e approdipartenze e approdi

uno spettacolo teatrale itinerante esito finale dell’ottava edizione del progetto
Il teatro e il benessere, rivolto a persone con malattie neurodegenerative e caregivers
insieme agli allievi del laboratorio Linguaggi del teatro e dell’attore
del Centro Teatro Universitario di Ferrara,
promosso dal Comune di Ferrara, Assessorato alle Politiche Sociali,
Centro Teatro Universitario di Ferrara e Balamòs Teatro

conduzione progetto e regia: Michalis Traitsis

collaborazione artistica: Patrizia Ninu

foto: Andrea Casari, video: Marco Valentini

con: Michela Arcidiacono, Rosa Banfi, Valeria Brina, Antonella Burini, Roberta Capisani, Giancarla Cavallari, Emanuele Contin, Giuseppe Cota, Domenico Di Sarno, Fabrizio Felisati, Sabrina Ferrarini, Svetlana Grundan, Laura Intelisano, Patrizia Ninu, Giusy Platanìa, Sandra Pozzato, Paolo Maria Ragazzi, Maria Silvia Rolfini, Marco Sacchetto, Lorenzo Salagean, Rosa Sandri, Fiamma Schiavi, Cristina Tommasi, Lorenzo Trevisani, Anna Vincenti

Giovedì 17 Luglio 2025, ore 21.15,

Centro Teatro Universitario di Ferrara, via Savonarola 19

(ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria: ctu@unife.it)

 

COMUNICATO STAMPA

Con lo spettacolo teatrale itinerante Partenze e Approdi si conclude l’ottava edizione del progetto “Il teatro e il benessere”, rivolto a persone affette da malattie neurodegenerative, caregivers e operatori socio-assistenziali. In questa edizione nella fase conclusiva del progetto si è integrato il gruppo degli allievi del laboratorio annuale del Centro Teatro Universitario di Ferrara.

Il laboratorio è diretto da Michalis Traitsis, regista e pedagogo teatrale di Balamòs Teatro, con la collaborazione artistica di Patrizia Ninu.

Il tema affrontato questo anno è stato quello delle partenze e degli approdi. Partire significa affrontare un cambiamento, lasciare qualcosa, incontrare altro. Significa fare i conti con la nostalgia, con la paura di ciò che ci aspetta, con le curiosità che tengono svegli, con le delusioni inevitabili. E soprattutto significa attraversare un viaggio interiore che è il presupposto di ogni itinerario fisico e/o metaforico. In scena, nella valigia di ciascuno, c’è solo un oggetto caro: un legame tra passato e presente, un amuleto per il futuro, una scelta di qualcosa che ha un peso minimo e che allude all’apertura e alla leggerezza. Leggerezza e apertura: condizioni da guadagnare, forse da conquistare, come approdi, fragili ma vitali, soprattutto per chi vive vite segnate da perdite, da malattie, dal prendersi cura senza soste né deroghe.

Il gruppo stesso questo anno ha vissuto partenze dolorose: alcune persone hanno dovuto lasciare il percorso per motivi personali o di salute. Ogni assenza è stata sentita anche se, in parte, compensata da una vicinanza continua anche nella distanza fisica. Elementi che, confluiti nel lavoro, hanno generato una ricerca - forse più degli anni passati - di una dimensione corale, come a sottolineare ragnatele di legami, di sostegni, di condivisioni profonde. Senza edulcorazioni bensì come sane premesse per affrontare resistenze e conflitti, che ci appartengono nella quotidianità e, realisticamente, anche nel lavoro teatrale. Lo studio non si è basato su un copione fisso, ma su una trama emotiva: si sono attraversate tappe, soglie, ricordi, silenzi, improvvisazioni, visioni. Ogni quadro ne porta una traccia comune.

Si è attraversato il mare, qui metafora della trasformazione. Nel mare si rischia di perdersi ma si può anche imparare a galleggiare. Davanti al mare si aspetta una persona cara nell’illusione che ritorni. Il mare culla gli abbracci dei sogni, accoglie lacrime e desideri, al mare si chiede di trovare – o ritrovare – un senso. Nel mare si accavallano gioie, minuscole felicità, possibilità. E al di là del mare si approda in città sconosciute, oniriche, surreali. Questo tema è stato esplorato in particolare con gli allievi del Centro Teatro Universitario di Ferrara.

"Lo sviluppo progettuale – dice l’assessore alle Politiche Sociosanitarie del Comune di Ferrara Cristina Coletti – ha confermato il potere del teatro come strumento di partecipazione, inclusione e crescita collettiva. L’entusiasmo e l’impegno di tutti i partecipanti – cittadini, operatori sanitari, familiari e utenti dei servizi di salute mentale – hanno dato vita a un’esperienza autentica di condivisione e confronto. Il teatro si è rivelato ancora una volta un ponte tra pazienti e caregiver, capace di rafforzare le reti di sostegno e promuovere relazioni significative. Un plauso sentito a tutti coloro che hanno contribuito con passione e dedizione a realizzare questa iniziativa, di cui giovedì ammireremo l’esito”.

“Il teatro dentro l’Università – continua il direttore del CTU, Giuseppe Lipani – cerca il proprio senso in quanto esperienza di pedagogia profonda. Mette in relazione persone con vissuti diversi che si incontrano nello spazio condiviso dell’azione teatrale, si guardano nello sguardo dell’altro, si accolgono con attenzione reciproca. Non per insegnare tecniche, ma per e-ducarsi gli uni gli altri con sollecitudine”.

I due gruppi si sono trovati insieme nell’ultima tappa del laboratorio. “Crediamo sia sempre importante – conclude Michalis Traitsis, regista dello spettacolo – creare occasioni di scambio tra generazioni differenti, anche per superare luoghi comuni e stereotipi, quelli sui giovani e quelli sugli anziani, portatori entrambi di stimoli e travasi vitali”. Il riferimento è stato Le città invisibili, di Italo Calvino, rielaborato lungo il percorso. Si tratta di descrizioni visionarie, città che raccontano desideri, paure, possibilità, orrori. Luoghi interiori, a volte ospitali, a volte disorientanti. Ciascuno può ritrovare quello che cercava o che non vorrebbe mai trovare. La città giusta, quella perfetta, probabilmente non esiste. Ma può esistere la rassegnazione di non provare neppure ad immaginarla, a costruirla almeno in parte? Una città dove, forse, “ci sarà una volta una parola che non divide ma accoglie?”

 

Scarica il comunicato stampa e la locandina.